Studi di ritratti « pisanelliani »

Vite di uomini: Leonello d’Este

Leonello d’Este, o anche Lionello (Ferrara, 21 settembre 1407 – Voghiera, 1º ottobre 1450), fu marchese di Ferrara a partire dal 1441, inoltre signore di Modena, Reggio, Polesine e Garfagnana.
Secondo dei tre figli illegittimi che Nicolò III d’Este ebbe da Stella de’ Tolomei, venne formato militarmente sotto la guida del capitano di ventura Braccio da Montone e culturalmente sotto la guida dell’umanista Guarino Veronese. Allevato a corte, ebbe ricevette i primi insegnamenti dal maestro Guglielmo Capello. Secondo i dettami dell’educazione nobiliare, fu quindi inviato dal padre, sul finire del 1422, ad apprendere l’arte militare sotto il celebre condottiero Braccio da Montone (nominato più sopra). Dopo la morte di Braccio nella battaglia dell’Aquila (giugno 1424),  tornò a Ferrara, ormai padrone di esperienze essenziali per i giovani rampolli delle casate signorili italiane.
Solo intorno al 1429, tuttavia, si definirono ruolo e destino politico dell’Este. Infatti Niccolò (III), avendo in animo di stringere i legami politici con la vicina signoria di Mantova, aprì con Gianfrancesco Gonzaga una trattativa per far congiungere in matrimonio Leonello con la figlia del marchese Margherita.
Nel 1435 Leonello si sposò con Margherita Gonzaga e in virtù delle clausole contenute nel contratto di matrimonio, fu riconosciuto come figlio legittimo di Nicolò dal papa Eugenio IV e ne divenne ufficialmente il successore, nonostante la nascita dei fratellastri Ercole nel 1431, e

Ducato di Ferrara durante il periodo Estense

Sigismondo (nel 1432), figli della terza moglie del padre, Ricciarda di Saluzzo. Nel 1439 morì Margherita Gonzaga, un anno dopo aver dato alla luce il figlio Nicolò (1438-1476).
Nel 1441, alla morte del padre. il testamento lo confermò suo erede e successore. Dopo trattative non concluse con Bianca Maria Visconti, sposò in seconde nozze nel 1444 Maria d’Aragona, figlia illegittima del re di Napoli e Sicilia, Alfonso V, morta senza figli nel 1449.
Con il sostegno del vescovo, il beato Giovanni Tavelli da Tossignano, fece erigere l’ospedale di Sant’Anna, il primo ospedale della città, ancora esistente.
Morì nel 1450 a soli quarantatré anni mentre si trovava nella delizia di Belriguardo e fu sepolto inizialmente a Ferrara nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, oggi non più esistente (attualmente la tomba si trova del Monastero del Corpus Domini)

 

La chiesa di Santa Maria degli Angeli, oggi non più esistente, dove venne inizialmente sepolto
Leonello fu ottimo politico, ma si distinse soprattutto nel campo della cultura e intrattenne rapporti epistolari con tutti i massimi studiosi di quel tempo. Leon Battista Alberti compose, su sua commissione, il « De re aedificatoria », dato alle stampe poco dopo la sua morte, e alla corte estense di Ferrara lavorarono artisti come il Pisanello, Jacopo Bellini, Andrea Mantegna, Piero della Francesca, e il fiammingo Rogier van der Weyden. Il marchese ridiede slancio all’università di Ferrara, fondata dal marchese Alberto V d’Este, che richiamò in città studenti da tutta Italia e da molte nazioni d’Europa.

 

Per maggiori informazioni vedi

http://www.treccani.it/enciclopedia/leonello-d-este_(Dizionario-Biografico)/

https://it.wikipedia.org/wiki/Leonello_d%27Este

Leonello d’Este

Il Ritratto di Lionello d’Este è un’opera, tempera su tavola (28 cm×19 cm), di Pisanello, dipinta attorno al 1441 e attualmente conservata all’Accademia Carrara di Bergamo.
Nei decenni centrali del Quattrocento la corte estense di Ferrara era una delle più artisticamente aperte ed eclettiche d’Italia: accanto ai pittori tardogotici, come Pisanello e Jacopo Bellini, Leonello d’Este accoglieva artisti fiamminghi, dei quali era un fervido collezionista, e autori più moderni di stampo rinascimentale, come Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Andrea Mantegna.
Pisanello all’epoca era uno degli artisti più affermati d’Italia, sebbene il suo stile fosse inamovibilmente legato al gotico internazionale, senza aperture verso le novità toscane. Il ritratto pare che fosse all’origine di una contesa artistica tra Jacopo Bellini e Pisanello, svolta nella prima metà del 1441 e voluta da Niccolò III d’Este, per cui suo figlio Leonello si offrì di posare. Secondo la testimonianza del poeta Ulisse degli Aleotti ne uscì vincitore Bellini, ma Pisanello non per questo ebbe scarsa fortuna alla corte di Ferrara: Leonello gli fece realizzare ben sei medaglie celebrative.
Nel 1841 il dipinto è ricordato nella quadreria Constabili di Ferrara, come l’unico dei tanti ritratti di Pisanello che si sia « conservato a’ dì nostri ». Ciò avvalorerebbe l’ipotesi secondo cui l’artista era solito fare un ritratto su tavola prima di fare una medaglia, essendo ben strette le relazioni tra questa effigie e quelle sui bronzi celebrativi.
Il duca Lionello è raffigurato di profilo e ha un impianto araldico ripreso dall’ideologia classica e ripreso dalle medaglie (Pisanello gliene fece ben cinque), con un’acuta individuazione fisionomica, che però è dotata anche di una certa idealizzazione. Tipica è la cura estrema dei dettagli, dagli arabeschi della stoffa preziosa del vestito, allo sfondo composto da varie specie vegetali, che l’artista era solito studiare dal vero. Il quadro splende di luce propria e ha dimensioni piccole, caratteristiche riprese dalla Pittura fiamminga.

 

Per maggiori informazioni vedi

http://www.lacarrara.it/catalogo/58mr00010/

https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto_di_Leonello_d%27Este

Ritratto di una principessa estense: Margherita Gonzaga o Ginevra d’Este?

Si ritiene che il personaggio raffigurato nel dipinto sia Ginevra d’Este (o della sorella gemella Lucia d’Este) anche se quando il quadro venne catalogato, si era ritenuto in un primo tempo che la persona in questione potesse essere Margherita Gonzaga, moglie di Leonello d’Este, il principe umanista per cui Pisanello fece anche un ritratto e ben cinque medaglie commemorative.
L’opera è menzionata la prima volta nel 1860, quando fu acquistata dal diplomatico Felix Bamberg con l’attribuzione a Piero della Francesca. Passò al Louvre nel 1893 e fu assegnata a Pisanello per la prima volta da Adolfo Venturi nel 1889, un’attribuzione poi concordemente accolta dalla critica.

Inizialmente l’opera era ritenuta il quadro di fidanzamento della moglie di Lionello, quel ritratto cioè inviato nelle corti per siglare i patti di matrimonio (avvenuto nel 1435), facendo conoscere l’aspetto degli interessati. Nella botanica rappresentata però non è presente alcun simbolo della casata dei Gonzaga (anche se i colori dell’abbigliamento sono quelli dei Gonzaga: bianco, rosso e verde), mentre è raffigurato invece il vaso simbolo della casata d’Este, inoltre la presenza dell’aquilegia (simbolo del matrimonio, dell’amore e soprattutto della morte) fa pensare a una persona deceduta nell’età ritratta, mentre la Gonzaga era vissuta fino a quasi cent’anni di età.
Dopo vari studi si riuscì a capire che molto probabilmente si trattava di Ginevra d’Este, che sposò Sigismondo Malatesta all’età di quattordici anni e che morì a ventuno in seguito ad una forma depressiva che la colpì dopo la morte del figlioletto Roberto Novello avvenuta nel novembre del 1438. Quindi, considerati i presagi di morte ravvisabili nell’opera, si intende come Pisanello volesse far capire che l’opera fu realizzata dopo la morte di Ginevra, avvenuta nel 1440, che coincide con un soggiorno dell’artista a Ferrara.
La protagonista del dipinto è ritratta di profilo, come nelle medaglie celebrative che si rifacevano alla tradizione imperiale romana, con una figura allungata che richiama la moda dell’epoca, culminate nell’elaborata acconciatura con nastro bianco. Essa è vestita con un tessuto pregiato per l’epoca, di colore rosso e bianco, integrato da un mantello, dove si trova il simbolo della casata degli Este impreziosito da perle e ricami preziosi.

La minuzia nella resa dei dettagli floreali dello sfondo e la serena atmosfera cortese sono elementi tipici dello stile tardogotico, del quale Pisanello fu il più grande maestro del nord-Italia.
Come si è detto, in quest’opera Pisanello annuncia i presagi di morte, riscontrabili in ciò che è rappresentato sullo sfondo.

I simboli sono numerosi:
Farfalla: simbolo dell’anima.
Siepe di aquilege: simbolo del matrimonio, simbolo di fertilità e di morte.
Garofano: simbolo di matrimonio, di fertilità e del fidanzamento.
Vaso con le ancore: si trova effigiato sul mantello di Ginevra ed è un’impresa araldica della famiglia d’Este; la mancanza dell’impresa di una seconda casata dimostra che non si tratta di un’opera di fidanzamento.
Rametto di ginepro: richiamo al nome Ginevra ed è anche presagio di morte.
Catenella: simbolo di unione, matrimonio.

 

Per maggiori informazioni vedi

https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto_di_principessa_estense

http://www.frammentiarte.it/2016/27-ritratto-di-principessa-deste/

http://wsimag.com/it/arte/1588-ritratto-di-una-principessa-di-pisanello

Sigismondo di Lussemburgo

Il Ritratto di Sigismondo di Lussemburgo è un dipinto, tempera su pergamena applicata su tavola (58,5×42 cm), attribuito a Pisanello, databile al 1432-1433 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Il ritratto venne eseguito all’inizio degli anni trenta del Quattrocento, quando l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo si recò a Mantova per insignire Gianfrancesco Gonzaga del titolo di marchese (1432), nel quadro di un viaggio in Italia che aveva toccato anche Milano (1431), dove ricevette la corona di re d’Italia e terminò poi a Roma.
Il ritratto, copiato in disegni e altre opere, divenne l’effigie ufficiale dell’imperatore. Ancora nel 1451 Piero della Francesca si ispirò a una di queste derivazioni per dare le fattezze di Sigismondo a san Sigismondo nell’affresco Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, dove riprese la medesima forma della berretta, ignorando però il materiale di pelliccia.
Entrato nelle collezioni imperiali, in particolare quelle del castello di Ambras presso Innsbruck, il ritratto è poi passato al Kunsthistorisches Museum.
L’attribuzione a Pisanello non è sicura e anticamente era stato assegnato al pittore Conrad Laib, nativo delle Alpi Orientali, o a un artista boemo. L’attribuzione a Pisanello è comunque avvalorata dalla presenza di un disegno dell’imperatore di profilo con la stessa berretta (Cabinet des Dessins 2479).

La figura dell’imperatore è ritagliata attorno al volto, con solo una parte del busto. Gli occhi sono scuri, piccoli e a mandorla, gli zigomi alti, la barba lunga e bianca, la bocca dischiusa, che mostra i denti. Il vestito è sontuosamente damascato, mentre la berretta è foderata di pelliccia, tipica dei climi freddi del nordeuropa, con un gioiello appuntato sulla sommità.
Pisanello si concentrò sugli aspetti esteriori del ritratto, profondendo grande accuratezza nella resa della morbidezza della pelliccia (ottenuta con pennellate sottilissime), della barba, dei capelli, del disegno del vestito. L’effetto è quello di un ritratto tutto sommato fiabesco e idealizzato, dove manca quell’attenzione alla psicologia e ai risvolti umani tipica della successiva ritrattistica rinascimentale.

 

 

Per maggiori informazioni vedi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto_di_Sigismondo_di_Lussemburgo

https://it.wikipedia.org/wiki/Sigismondo_di_Lussemburgo

http://gadget.artega.biz/web/it/1736.html#.WNphXIVOLIU

 

Il Ritratto

Definizione del website Treccani

Opera d’arte o fotografia che ritrae, cioè rappresenta, la figura o la fisionomia di una persona: dipingere, disegnare, scolpire un r.; è andato dal fotografo a farsi fare il r.; teneva sulla scrivania il r. della moglie; un album di ritratti di famiglia; alla parete della galleria erano appesi i r. degli antenati; r. a olio, a penna, a matita, a pastello, in miniatura, a colori, a rilievo, in bronzo, in marmo, in gesso; i r. di Goya, di Rodin; un r. iperrealistico; r. di faccia, di profilo, di tre quarti, in piedi; r. piccolo, grande, per tessera, in cornice; r. somigliante, vivo, parlante e, al contrario, r. che è, che pare una caricatura. In diritto privato, diritto relativo al r., quello con il quale il cittadino tutela l’immagine propria e dei suoi familiari quando ne venga fatto uso in assenza delle condizioni previste dalla legge a difesa della riservatezza. Locuzioni fig.: essere il r. di qualcuno, somigliargli molto: è tutta il r. di sua madre; essere il r. della salute, della gioia, della fame, apparire, nell’aspetto esteriore, pieno di salute, di gioia, ecc003_giac-volto600.jpg

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