Puccio Pisano: « Il Pisanello »

Antonio di Puccio Pisano, meglio noto come Pisanello nacque a Pisa o forse a Verona il 1390 e morì a Napoli intorno al 1455.

Pisanello fu un pittore, ritrattista e medaglista italiano fu celebre in tutta la Penisola e richiesto dalle maggiori corti italiane in quanto massimo esponente del « Gotico Internazionale »

Pisanello fu noto soprattutto per gli splendidi  affreschi di grandi dimensioni, sospesi tra realismo e mondo fantastico e popolati da innumerevoli figure, con colori brillanti e tratti precisi. Nell’arco della sua carriera artistica si dedicò con successo anche all’attività di medaglista (di cui fu uno dei maggiori esponenti come testimonia lo storico d’arte Federico Zeri), ridandole smalto e raggiungendo vertici che, secondo alcuni, sono in questo campo insuperati.

Verso la metà del XV secolo la sua celebrità declinò però rapidamente, per via del diffondersi del linguaggio rinascimentale. Pisanello non fu comunque immune alla novità dell’Umanesimo, come si vede bene nelle sue opere di medaglista, ma la sua visione stilistica non riuscì mai ad adottare una spazialità razionale prospettica.

Cerchia di Pisanello, Figure dal sarcofago di Marte e Rea Silvia (1431-32), Biblioteca Ambrosiana, Milano

La sua formazione avvenne probabilmente a Verona città d’origine della madre dove alla fine del Trecento molti Pisani si erano trasferiti, in un ambiente in cui si stava elaborando la poetica del gotico cortese. Precoci devono essere stati i contatti con Gentile da Fabriano se, come attesta Facio, P. terminò a Venezia la decorazione da quello iniziata nella Sala del Maggior Consiglio in Palazzo ducale (141522; distrutta) e più che probabili i rapporti con Michelino di Besozzo e Iacobello del Fiore. Tratti dell’arte veneta e lombarda tardogotica (raffinata aulicità, segno sottile e incisivo, preziosi cromatismi, attenzione per il mondo della natura) in effetti caratterizzano La Madonna della quaglia (Verona, Museo del Castello) e le Scene della vita di s. Benedetto (tre agli Uffizi, una al museo Poldi Pezzoli di Milano), opere che sono state attribuite al periodo giovanile, ma sono contestate da molti critici.

Purtroppo altre opere vennero tragicamente perdute, tra queste un esempio sono gli affreschi che Pisanello eseguì per Filippo Maria Visconti nel castello di Pavia intorno al 1424.

San Giorgio e la principessa, Pisanello,1433-1438, affresco, chiesa di Sant’Anastasia, Verona

La prima opera firmata sono gli affreschi che completano la tomba Brenzoni, scolpita da Nanni di Bartolo in S. Fermo a Verona (1426 circa): l’Annunciazione e il graticcio fiorito con due angeli che fanno da sfondo a tutto il monumento. Ancora una volta fu chiamato a continuare l’opera di Gentile da Fabriano, morto a Roma nel 1427 mentre attendeva alla decorazione di S. Giovanni in Laterano. Perduti gli affreschi nella ristrutturazione borrominiana della basilica, di questo soggiorno romano (documentato per il 143132) rimangono disegni che mostrano anche un interesse per l’antico. Dal 1432 è documentata a più riprese la sua presenza a Ferrara(il soggiorno più lungo è dal 1442 al 1447), a Verona (143338), a Mantova, a Milano (1440) e infine a Napoli (1449). Intorno al 1436 si colloca la decorazione ad affresco della capp. Pellegrini in S. Anastasia a Verona, di cui rimane l’episodio di S. Giorgio e la principessa, sintesi stupefacente di naturalismo narrativo e gusto cortese.

Gli stessi elementi e la stessa atmosfera si ritrovano nella Visione di s. Eustachio e nella Apparizione della Madonna a s. Antonio Abate e a s. Giorgio (entrambe a Londra, National Gallery). Negli anni 196070 sono stati rinvenuti gli affreschi del Palazzo ducale di Mantova, un ciclo cavalleresco in parte lasciato allo stato di sinopie, variamente datato dalla critica al 143944 o al 1447 circa.

La penetrante abilità ritrattistica di Pisanello (oltre al ritratto discusso dell’imperatore Sigismondo, Vienna, Kunsthistorisches Museum, ci sono giunti quelli della Principessa estense, Louvre, e di Lionello d’Este, Bergamo, Accademia Carrara) trovò un mezzo espressivo eccezionale nella medaglia (nessuno eguagliò il maestro veronese nella sottigliezza del rilievo, nella visione pittorica delle forme, nel ritmo sottile di contorni e scritte entro il cerchio), che coniò anche sul verso con figurazioni: dopo quella per Giovanni Paleologo, in occasione del Concilio di Ferrara (1438), notevoli sono quelle per Filippo Maria Visconti, Niccolò Piccinino, Sigismondo Malatesta, Ludovico Gonzaga, Cecilia Gonzaga, Vittorino da Feltre, Alfonso d’Aragona Iñigo d’Àvalos. Tra i numerosi e bellissimi disegni, si ricordano in particolare quelli del codice Vallardi (Louvre).

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